La narrazione dello spazio - Villa Savoye - Le Corbusier (1928-1931):
Nel panorama della residenza "d'autore", Villa Savoye è una vera rock star. Questa breve rassegna, quindi, non poteva che iniziare da lei. Realizzata sul finire dei ruggenti Anni Venti, la casa di campagna dei coniugi Pierre ed Emilie Savoye è probabilmente l'esito più alto dello studio condotto da Le Corbusier in quel decennio, quello in cui l'architetto franco-elvetico riesce a mettere in atto compiutamente i "Cinque Punti" dell'Architettura moderna.
L'afflato che ha animato Corbu in quel decennio è, almeno in parte, da ritenersi oggi fuori dal tempo. Ma allora, qual è la lezione che oggi, a novant'anni esatti dall'inizio della sua costruzione, possiamo ricavare da questo oggetto bianco adagiato nella campagna dell'Île-de-France?
L'intera residenza è costruita intorno a una narrazione.
A bordo di un'auto, percorri un vialetto battuto, in mezzo alla verde campagna di Poissy. La via d'accesso ti permette, gradualmente, di percepire la forma e le dimensioni di questo parallelepipedo bianco sospeso sul verde del prato, con i quattro lati interamente percorsi dai tagli delle finestre a nastro. La curvatura del basamento ci invita a superare l'ingresso, per arrivare a parcheggiare l'auto nello spazioso garage, integrato nel basamento stesso.
Pochi passi separano la saracinesca dal garage dalla porta d'ingresso, oltre la quale il vestibolo mostra al visitatore i due elementi di collegamento verticale della Casa: una rampa, proprio di fronte ai tuoi occhi, e una scala a chiocciola appena di lato. Noi scegliamo la rampa, perché l'Architetto ci sta invitando a farlo. La sua moderata pendenza vuole condurci alla scoperta del cuore dell'edifico, gradualmente, senza strappi, come in un unico racconto.
Il primo piano si articola all'interno del chiaro, puro volume parallelepipedo che è l'elemento di più lampante percezione dell'edificio, visto dall'esterno. È questo lo spazio in cui si articolano gli ambienti più canonici e formali della Casa: le camere da letto, i bagni, la cucina, il soggiorno, il giardino pensile. Sono la Casa, nel suo senso più stretto, qui nell'accezione di rifugio per le vacanze. Pochi gli arredi, perlopiù integrati nelle forme dell'edificio stesso, in pieno spirito purista. Tutto intorno, la campagna entra nello spazio, affacciandosi attraverso le importanti finestrature, vere "mete essenziali della casa". (Nota, nell'immagine la transizione 'fuori-dentro-fuori' che ci permette di traguardare l'intero spazio e cogliere, dal soggiorno e attraverso il patio, gli alberi dalla parte opposta dell'edificio.)
Ma non è finita qui. La rampa che abbiamo percorso per raggiungere il primo piano, ora si trova a cavallo tra l'interno e l'esterno. La leggiamo, girando intorno al patio, ne intuiamo la destinazione, le superfici bianche che si articolano sulla copertura. Proseguire il percorso significa, letteralmente, sbarcare. È qui, infatti, che l'immaginifico mondo di Le Corbusier, popolato di suggestioni aviatorie e navali, trova compimento, qui dove il puro volume del piano sottostante si smaterializza in superfici che delimitano, senza separarli, gli spazi 'liberi' del riposo e dello svago del solarium.
E il nostro percorso? Perché tale sia, oltre che un inizio, deve avere una fine, un posto dove andare. E quel posto è lì, proprio di fronte ai nostri occhi, al termine del cammino. Una finestra, uno squarcio nel muro bianco, inquadra la campagna, come una cornice, come un quadro. La "promenade architecturale", come la chiama Le Corbusier, ha raggiunto la sua destinazione. Un punto di vista privilegiato del posto da cui siamo arrivati, in macchina, poco prima. Un angolo privato con vista sulla campagna, in cui raccoglierci nei nostri pensieri.
Che cosa possiamo imparare?
- L'architettura non è fatta di soli spazi, ma di sequenze di spazi. Se essi vengono inanellati, attraversati, collegati da un percorso pensato per condurre dall'uno all'altro, allora acquisiscono un senso nuovo, diverso, proprio del loro susseguirsi, della narrazione che di essi si vuol dare;
- Un percorso ha un inizio e una fine. Non è una considerazione banale, perché è il peso di questi due elementi a determinare il senso della narrazione, senso percettivo e senso geometrico. Dove voglio portare il mio visitatore? Verso un luogo, verso una vista?
- Creare un luogo significa dare forma ad una funzione. Questo processo non sacrifica la creatività, se gestito in modo sapiente, ma la esalta, perché ci pone davanti a un quesito, la cui risposta diventerà l'essenza dell'ambiente che stiamo definendo: che forma ha, nello spazio, l'azione che in tale spazio avrà luogo?
Fin qui, la lezione di un grande vecchio. Ora, però, tocca a noi.
Quale narrazione vuoi che esprima la tua Casa? Qual è il suo punto di inizio? Qual è la sua destinazione? Cos'è che hai voglia di raccontare?
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